di Giorgio Trevisan, L’Arena, 1992
Combinando sulla tela i suggerimenti dettati dall’istituto creativo e dal razionale controllo della mano esecutrice, M.T. Cazzadori crea una pagina pittorica sulla quale affiorano ricordi, realtà apparentemente dimenticate, eventi del passato sepolti nei meandri della memoria. Nei suoi lavori recenti, sottilissimi strati di colore, mai trasportati ma fortemente contrastati, esibiscono una consistenza materica definita da sovrapposizioni insistite di pigmento in grado di rivelare immagini che sembrano estratte da una realtà e da un sentimento appena affioranti dalla mente e dal cuore. L’immagine ideata e costruita sulla superficie delle sue opere, appartenente all’universo dell’astrazione, accoglie strutture formali e tracce di colore- non colore, che si manifestano come esiti di un attento lavoro di progettazione dello spazio e della sua metodica ricostruzione. Nei suoi quadri conquistano dignità espressiva proprio quelle immagini che lo sguardo distratto difficilmente vede e memorizza. Muri consunti, parete sbrecciate, sembrano rievocare figuralità’ lacerate che, pur nella loro trasfigurata presenza, conservano in se stesse la veridicità di un pensiero che ne rintraccia le radici, rivitalizzandole sulle superfici dell’opera. Spesso, la pittura di M.Teresa Cazzadori si realizza in solide ricostruzioni di “figuralita senza fissa dimora”, in prelievi di un lontano mondo immaginario. Ed é proprio grazie alla materia, che si scompone e ricompone, che si sfuma e si addensa, che lei riesce a dar vita a una espressione pittorica prodotta come lento e infrenabile sommovimento tellurico in continua e mai definitiva composizione. Espressione che si adegua e sviluppa, sovente, quando il materiale sul quale il progetto prende forma e’ un vecchio legno, una lastra di ferro, oppure un frammento di terracotta. Ricerca di immagini e di radici, ricerca di presenze lontane, ricerca di materiali da manipolare, da piegare, da rendere parte integrante del progetto, che progetto non è.